domenica 9 gennaio 2011





Nucleare, la corsa è a ostacoli



Enel seleziona 550 aziende partner ma l’Agenzia non c’è ancora e il referendum di Di Pietro su cui la Corte decide martedì può bloccare tutto. L’Enea sposta al 2025 l’avvio della prima centrale, al netto di Tar e proteste
LUIGI GRASSIA
Il nucleare compie un passo dopo l’altro sulla via del ritorno in Italia. A fine 2010 l’Enel ha completato la lista delle aziende nazionali che si candidano a partecipare al progetto. Il gigante elettrico, che dovrebbe costruire (in collaborazione con la francese Edf) almeno 4 reattori del tipo «Epr», ha raccolto i dati di 550 imprese italiane; questa fase, definita «supply chain meeting», sarà seguita nel 2011 da una scrematura, poi le aziende selezionate verranno accompagnate dall’Enel nella crescita degli standard laddove necessario. Per esempio, un costruttore di impianti verrà assistito nell’ottenere la certificazione internazionale di qualità Iso se non ce l’ha, o gli si darà consulenza per cercare le risorse da investire se già non sono in cassa.

Ma a scandire il ritmo di marcia dell’atomo italiano (o a bloccare tutto, cosa ancora possibile) non saranno le questioni tecniche ma quelle politiche, che fanno da premessa e da contorno. Per esempio l’istituzione dell’Agenzia nucleare, che avrà voce in capitolo su molti aspetti del programma, sulla carta avrebbe dovuto essere un passaggio burocratico scontato, e invece Michele Corradino, candidato del ministro Stefania Prestigiacomo, è stato bocciato dalle commissioni parlamentari; ora la Prestigiacomo potrebbe avanzare la candidatura di Gino Moncada, ma non si sa. Questi non sono inciampi tremendi, però stonano in una maggioranza di governo che ha fatto del ritorno al nucleare una priorità ma si crea problemi gratuiti e perde tempo scivolando su questioni di dettaglio.

Inoltre il nuovo nucleare italiano potrebbe dover passare sotto le forche caudine di un altro referendum, dopo che quello nel 1987 ha spento le vecchie centrali. Il movimento politico di Di Pietro ha raccolto 800 mila firme per abrogare la legge 23 luglio 2009 n. 99 con cui la maggioranza di Berlusconi ha reintrodotto la possibilità di costruire impianti atomici, e la Corte costituzionale dovrebbe pronunciarsi sull’ammissibilità il prossimo martedì; se la Corte dice sì, voteremo su questo tema entro giugno. Ovviamente crisi di governo ed elezioni anticipate potrebbero rimettere in discussione il nucleare anche in altro modo. Ma qual è la situazione attuale? Abbiamo una legge e un’indicazione di massima per 8 centrali entro il 2030. Oltre alle 4 già proposte, Enel e Edf sarebbero liete di costruire pure le rimanenti 4, per le quali si candidano anche gli americani di General Electric, i tedeschi di E.On e forse altri.

Nel 2008 il governo prevedeva di scegliere almeno il primo sito nucleare nel 2010, completarne l’iter autorizzativo nel 2012, posare la prima pietra nel 2013 e avviare commercialmente la prima centrale atomica nel 2019 e via via tutte le altre sette entro il 2030. Siamo già in ritardo: non solo nel 2010 non è stato scelto il primo sito, ma nel 2011 non è stata ancora insediata l’Agenzia che dovrebbe contribuire alla selezione. Che previsioni possiamo fare, al momento? Giovanni Battista Zorzoli, che è stato nel cda dell’Enel e adesso presiede l’associazione Ises Italia per le energie alternative, ha parecchi rilievi critici. «Anche quando ci sarà il quintetto del collegio - osserva - si dovrà ancora decidere la sede dell’Agenzia, che il ministro Scajola voleva a Genova, e poi bisognerà trasferirci il personale. Ma il nucleare non si può fare coi fichi secchi: la legge stabilisce che vadano prese 50 persone dall’Enea e 50 da Ispra senza oneri aggiuntivi, ma si tratta di vecchi, e invece ci vorrebbero 200 o 300 giovani da far viaggiare in Europa.

E dove sono questi giovani, se le nostre università sfornano solo un centinaio di esperti di nucleare ogni anno, già assorbiti da altre occupazioni?». Comunque, se l’Agenzia comincerà a funzionare nel 2011 è difficile che selezioni un sito per una centrale prima del 2012. Se tutto va liscio, senza ricorsi al Tar, senza scontri di piazza eccetera, la procedura autorizzativa «richiederà non meno dei 2 anni che ci vogliono in Francia, dove hanno già esperienza». Forse la prima pietra verrà posta nel 2015, poi «l’esperienza di Epr in Finlandia e a Flamanville, in Normandia, dimostra che per costruire un Epr servono non 5 anni, ma come minimo 7. Quindi, se tutto va bene la prima centrale italiana sarà finita nel 2022. Ma l’Enea, in una sua pubblicazione di un mese fa, scrive 2025». Al netto di Tar e tumulti.

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