L'astuto governo italiano, nel decreto che stabilisce i criteri per l'individuazione dei siti sede di nuovi impianti nucleari, si premura di far sapere che vi sarà dovizia di mance e prebende non solo per i comuni interessati al funesto evento ma anche per i territori limitrofi nel raggio di 20 km. Per capirci: con una nuova centrale a Caorso, intascheranno quattrini un totale di 4 province ed una ventina di comuni. Era prevedibile che la prospettiva scatenasse immediati appetiti che non hanno tardato a palesarsi.
Tra i primi a farsi sentire sono stati il sindaco di Cremona e il presidente della medesima provincia i quali, con sprezzo del ridicolo, hanno dichiarato la loro assoluta non contrarietà ad insediare un nuovo impianto nucleare a Caorso.
Vorremmo tanto poter rivolgere ai due Augusti Amministratori una preghiera e una domanda.
La preghiera: ripassateVi la geografia! Ringraziando il cielo, Caorso è tutt'ora in provincia di Piacenza, per cui non compete a Voi farvi carico di certe ardue decisioni.
La domanda: non credete che tra Tamoil, termocombustore a 2 passi dall'ospedale civile, Acciaerie Arvedi di Spinadesco, cave di ogni sorta, i cittadini da Voi amministrati ne abbiano già a sufficienza?
Probabilmente, queste saranno parole al vento. Siamo convinti che, nel malaugurato caso di una nuova centrale a Caorso e del (possibilissimo) insediamento di un impianto analogo tra Cremona e Mantova, i due sagaci Amministratori brinderebbero al doppio incasso!
Il cancelliere
La bufala
Il nuovo nucleare italiano tra incoscienza e fantascienza
2) I NUOVI UNNI
Basta un semplice calcolo aritmetico per capire che, se 4 reattori contribuiscono per il 9,2% del fabbisogno nazionale di energia, per arrivare al 25% di reattori ne occorrono 11.
Dove mettere tutti questi impianti?
Esiste la vecchia mappa redatta dal CNEN (poi ENEA) fin dagli anni ’70; gli aggiornamenti alla medesima della stessa ENEA; le mappe di rischio idrogeologico e sismico redatte dalla Protezione Civile; le previsioni di innalzamento del livello dei mari (indispensabile per impianti che devono durare diversi decenni). Incrociando i dati (e non essendo nel frattempo mutata la geografia del Paese) si ottiene una convincente mappa dei siti possibili:
3 in Sardegna: a sud, presso S.Margherita di Pula (CA); sulla costa orientale, tra S.Lucia e Capo Comino (NU); sempre sulla costa orientale ma più a sud,a Lanusei (NU);
1 in Puglia, tra Ostuni e il mare;
2 in Veneto: tra Caorle e Jesolo, alla foce del Piave e tra Veneto e Friuli, alla foce del Tagliamento.
5 in Pianura Padana: tra Po e Dora Baltea (Trino Vercellese); tra Alessandria e Pavia, sul Po; tra Piacenza e Cremona, sul Po (Caorso); tra Cremona e Mantova, sempre sul Po; tra Ferrara, Comacchio e Chioggia, nel delta del Po; in provincia di Ravenna, alla foce del Reno.
Al di fuori di questi siti, qualche possibilità hanno Borgo Sabotino (LT) e Garigliano, già sedi di vecchie centrali. In deciso ribasso le quotazioni di Montalto di Castro e Piombino, a causa delle previsioni di innalzamento del livello del mar Tirreno (ma questo motivo dovrebbe mettere in dubbio anche le centrali previste in alto Adriatico, ad ancora più forte rischio per lo stesso fenomeno). Del tutto escluse le zone interne del Centro e Sud Italia, a alto rischio sismico.
Davvero non si capisce la mania di segretezza del Ministero del (sotto)Sviluppo italiano: è già tutto pubblicato su Internet… e non dall’altro ieri!
(Tra parentesi, le zone in questione sono tutte di alto pregio paesaggistico e/o di forte sviluppo turistico e/o di alto interesse naturalistico e/o caratterizzate da attività agricole di alto pregio: Attila non saprebbe far di meglio!)
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