martedì 27 aprile 2010




Animapura RACCONTA


LA SIGNORA GRETE


Come stai? Le chiese il signor Gorian.
Bene, come al solito! rispose la signora Grete
E’ una famiglia quella degli Hanche strana, stravagante, agli occhi dei più.
Tempo fa, era la sig. Grete che chiedeva al signor Gorian come stesse perché quello era, per lui, un periodo di grande avvilimento e afflizione.
Adesso, per la signora Grete, imprevedibilmente una quantità di nembosi ed angoscianti pensieri le logoravano consuntamente l’intelletto, quasi volessero privarla di ogni energia fisica e morale.
La sig. Grete per contrastare quell‘inquietudine, trovava conforto nel cammino instancabile verso le vie della città che in quel periodo la ospitava, quasi volesse mordere l’asfalto che sotto i suoi piedi diventava una sfida verso quel mondo che le appariva tutto monocorde.
Tale era in quei giorni la sua capacità di ricevere e captare segnali, anche i più deboli, che riusciva a cogliere persino le particolari sfumature della gente che incontrava, delle vetrine che vedeva e degli odori che, secondo lei, emettevano stati d’animo, i più disparati. Un miscuglio di sensazioni pervadevano la sua mente che non sempre trovavano spazio nella cruda realtà del suo bisogno incomprensibile di cammino costante, passo dopo passo.
Fu proprio in quel periodo, stanca di quel senso di ostracismo e consuetudine che percepiva verso la sua immagine che, ad un tratto, come un dardo, un’idea improvvisa la colpì, dilagandole la mente. Un attimo di salubre lucidità unita ad un’inaspettabile voglia di sana sanguificazione, cambiò il suo stile di vita fino a quel momento molto rigida nelle convenzioni sociali, centro della sua esistenza, quasi alimento nella sua vita intellettuale.
A tutti gli innumerevoli perché che, la sua mente vorticosamente proponeva, a niente lei sapeva rispondere in modo tollerabile data la rivalutazione dei meriti che, come una necessità fisiologica, aveva ritrovato in se stessa, unita allo sdegno stizzoso del tempo che aveva perso, rincorrendo fantasmi dannosamente deleterei per la propria visione interiore in quel momento.
Ricordò di aver visto in una vetrina una pubblicità che lì per lì non ci aveva fatto caso ma che inconsciamente aveva fissato nella sua mente, citava:
“ - Il Popolo del bosco - ”.
Senza nemmeno accorgersi era già davanti a quella locandina con quegli incredibili occhi grigi spalancati al fine di captare ogni singolo particolare vocabolo.
Con passione stampò nella sua mente l’indirizzo e si precipitò verso il luogo indicato del ritrovo consuetudinario. Prese i contatti, cominciò a frequentare seminari su seminari, fare ricerche su ricerche, esperimenti su esperimenti e con l’aiuto di Mestex un’illustre druido che le diede in dono la cosmicità, saggiò un misterioso nonché incantevole esperimento che le permise di controllare le sue facoltà sensoriali ed intellettuali esprimendo come realismo la sua chimerica fantasia. Diventò amica di Monckj, uno spassoso Pixies che, solo lei poteva vedere e sentire poiché entrambi erano l’uno e l’altra persona. In sua compagnia si lasciò trastullare e libertare da ogni tensione irrisolta per un periodo indeterminato di tempo con gioia serena e spensieratezza.
Una mattina, quasi per caso incontrò Anne, signora molto sicura di se, almeno all’apparenza, in quanto, bastava guardarle in volto per capire che dietro quell’ostentata baldanza si celava una persona che trovava nella sua effimera posizione sociale, per altro donatagli, il lusso di poter sottoporre gli altri al suo servizio, come un gioco di potere, quasi fosse un’esigenza del ghiribizzoso estro. Ebbene, la signora Grete, facendo finta di non percepire le asserzioni che di tanto in tanto sgorgavano da quella presuntuosa latrina dal tono di voce grottesco, cominciò a fissarla con ostinazione e le replicò con insolenza. Si accorse così che nei suoi occhi c‘era timore, turbamento verso quella imprevedibile ed inconsueta irriverenza che, malgrado il ruolo che rivestiva, senza per altro averne le effettive capacità, stava subendo attonita e sbalordita, praticamente incredula.
“-Quel suono rancido di degradante sterilità intellettuale doveva spegnersi dentro quell‘insignificante bocca truccata di color pervinca-” pensò la signora Grete e, mentre la signora Anne sproloquiava, lei pregustava l’attimo in cui quella fogna non avesse più diffuso sterco nell’aria.
Mise le mani nella sua sciupata borsetta di finta pelle nera, estrasse una bocciuccia di olezzo, tenne il pensiero per un attimo e per incanto il profumo s’impregnò di: ”Asindeto”,
una sostanza del tutto innocua se, assunta da una persona che usa il dono della parola non certo per ledere chi gli sta accanto, poiché, in modo contrario, la lingua vaghezza perdendo le sue funzioni primarie ogni qual volta essa si propinqui a sgorgare stronzate.
…Quante persone le vennero in mente con le quali si sarebbe potuta divertire infliggendo una seppur esigua punizione per le sofferenze che le loro inutili mere espressioni orali avevano provocato ad affabili persone cortesi…
Appena la signora Anne annusò l’asindeto una brezzatura scompigliò i suoi radi capelli finto biondo. Cominciò così a parlucchiare a vanvera con discorsi sconclusionati e privi di logica. Più lei si faceva prendere dalla collera per ciò che le stava improvvisamente capitando, più da quella conduttura di scolo…, solo stridulii maialeschi alternati da qualche strepito vocabolo !
A nulla valsero dottori e improbabili cure per la signora Anne, tanta e tale era la sua incapacità di servirsi della facoltà di esprimersi in modo rispettoso che, perdette il suo amato lavoro, gli scarsi amici, la cara famiglia, persino il cane, forse per segno di rivalsa per quelle ingiustificate pretese subite di esagerata obbedienza, gli urinava contro sentendosi riscattato .
Era insopportabile anche solo stare relativamente vicino a cotanta malacreanza.
Alla sig. Anne non restò altro da fare che ricominciare dai primi rudimenti dell’alfabeto finalizzati a frasi positive gravide di animo mai più ingiurioso!
Una certa intensità di emozioni provò vivamente la sig. Hanche che, a fatica riusciva a mettere in riga, tanto era la sensazione di passionale eccitabilità che provava.
Quante e quali soddisfazioni si sarebbe creditata … tutte prendibili!!!.
Tornata a casa continuò la sua esaltazione confezionando le più disparate gocciole di soluzione prodigiosa ora da mettere qua ora da mettere là, tutte rigorosamente innocue per loro natura, ma dagli effetti devastanti se assorbite dalle numerose persone che, sapeva bene lei…
Decise di sottoporre ad esperimento il: “ Gonfiagotex”, sostanza in grado di autoalimentarsi ogniqualvolta esposta a rilevazioni di ottuse cretinerie e, per farlo,
decise a caso la sua vittima visto che, troppe erano le persone di cui serbava memoria nel pieno diritto di assumere sperimentare tramite i sensi tale essenza.
Il malcapitato fu il signor Bristoc: un uomo grassoccio dalle guance paffute rosacee con la testa estremamente piccola sempre intento a spilluzzicare per smodata ghiottoneria e a sproloquiare spropositi, un uomo ingrato, gretto, insignificante e meschino, dalla mente tarda ma pieno di vanagloria insomma:…un grandissimo “stronfione” che, in passato l’aveva indispettita argomentando con la sua maldestra superbia in varie occasioni.
Si recò nella tabaccheria dove lui era solito puntare del denaro al gioco e fingendo di interloquire attivamente con lui, dopo i primi preamboli le somministrò la porzione tramite una sottile tavoletta di cioccolato, per altro a lui molto caro.
Ebbene, quando il suo unico neurone cominciò aleggiare nel suo seppur piccolo contenitore di un improbabile pensare, la parte carnosa delle sue guance, come la testa di una bestia macellata da giorni, cominciò a rigonfiarsi a dismisura fino a diventare quasi una sorta di mongolfiera alimentata dalla sua stessa zoticaggine boriosa. Più lui parlava più le sue guance si dilatavano nutrite dal suo stesso fiato minaccioso impedendogli il normale svolgimento della sua quotidianità tanto che, chi gli stava accanto era costretto ad escogitare un allontanamento simultaneo per paura della brusca ed imprevedibile deflagrazione. Chissà di che cosa si sarebbe potuta impregnare l’aria circostante…., è ardito presupporre il risultato finale…. : brandelli di scoregge !
Da quel giorno in poi, il povero signor Bristoc, accortosi che tale rigonfiamento era causato da qualche immancabile nonché inestirpabile castroneria di vanitosa ostentazione di se, per poter interloquire con qualsiasi membro della società gli suggerirono di mettersi dei pesi nelle tasche, indossare scarpe con la doppia suola di ferro e sopratutto cercare di cambiare il modo abituale di comportarsi e relazionarsi con gli altri per non sparire svolazzando nel cielo alla mercé degli escrementi di qualsivoglia volatile.
Mentre la signora Grete sollazzava tra i mormorii e lo sghignazzare della gente, elargiva come fosse un dono il :“Gonfiagotex“. Mai come in quel periodo, tante specie di palloni aerostatici aleggiavano in quella cittadina sopra gli occhi divertiti delle persone che pur non capendo cosa stava succedendo, condividevano il prodigioso tiro mancino appioppato da chicchessia a quegli ignari gradassi senza meriti né virtù.
Fu proprio in uno di quegli spassionati istanti che vide la signora Gheltrud.
Il sangue le cominciò a ribollire per il disprezzo e la ripugnanza che provava anche solo nel vedere quella “signora” tanto odiosa, falsa e meschina quanto ignorante, ambiziosa e mediocre. Quel fantoccio merdoso dalle sembianze umanoidi materialmente vano, futile e frivolo, aveva un senso di profonda intolleranza e feroce rivalità verso chiunque contravveniva ai suoi biechi pettegolezzi privi di ragione, fomentando inimicizie ed ostilità nelle varie classi sociali in quanto, essendo priva di buon senso e di un qualsivoglia fondamento logico, era inadatta ad adempiere alle esigenze concrete della realtà, ostentando ostinatamente un fallace e cocciuto smisurato concetto di se stessa .
Per dare valore alle sue opinabili e vaghe qualità personali , era solita offrire nei bar del paese innumerevoli caffè, pensando in tal modo di ottenere beneplacidi consensi o più semplicemente la frugalissima attenzione di chi accettava l’invito. Tale era la sua pochezza intellettiva che ripiegava tutto nell’esteriorità .
Ridicole erano le sue ostentazioni del sapere con quell’intercalare continuo di avverbi, quei mascheroni poi, che abitualmente usava, la rendevano un patetico, misero pagliaccione da strada.
Per lei la signora Grete pensò allo :“Stercabeo“ , una portentosa soluzione in grado di guastare il viso con fetide pustole pruriginose e di far sparire i soldi nel portafoglio, ogni qualvolta la maldicente avesse offerto come effettiva autenticità la sua metodizzata malignità .
Secondo un determinato criterio decise che la scelta migliore era quella di applicare magicamente lo ”Stercabeo” sul logorato telefonino della rognosa poiché, tale oggetto, era costretto, suo malgrado, a dover trasmettere sistematicamente ipocrite verità pertanto, sempre morbosamente attaccato all’orecchio della signora Gertrude come la fodera per un vestito.
Così fece!
Un cataclisma s’imbatté su quel puttanone assolutamente privo di signorilità.
Imbarazzante e disgustoso era quel continuo stropicciarsi la pelle con le unghie nel tentativo vano, di liberare il faccione dal pus che, sgorgando impavido, intasava la lagnosa latrina insolente, impedendole così di articolare parola.
Povera signora Gheltrud, insulsa, volgare e fatua com’era, più s’incagnava nel cercare di tenere un discorso più il portafoglio si vuotava e il viso si insudiciava rendendo futile qualsiasi tentativo di approccio anche con i suoi cari simpatizzanti.
A nulla valeva ogni suo tentativo di essere di gradimento poiché più richiamava l’interesse verso di sé , più lo “Stercabeo” agiva senza misericordia.
L’artificiosità dell’atteggiamento pomposo e bacchettone divulso in passato, le veniva restituito “amichevolmente” , come una sorta di passamano.
L’integerrima moralità, da lei vantata e profusa come baluardo di azioni di chi ha la potestà di poter giudicare ed agisce con giustizia, le veniva gettata in faccia ripudiando con compiacimento ogni sua premessa .
In un angolo del solito bar di paese coperta da un sottile velo nero, in preda al persistente ed ostinato delirio di onnipresenza, capita ancora sentirla bofonchiare pensando di sapere tutto riguardo ogni cosa e persona ma, nessuno ci fa più caso poiché la compatiscono ritenendola indegna della ben che minima attenzione.
Un venerdì di aprile, una leggera pioggerella apriva sottili varchi nella nebbia malinconica, alterando un giorno di gioviale primavera inoltrata in un insolito torpore invernale.
Noncurante delle regole di comportamento secondo le norme, la signora Grete si sdraiò su di una panchina in una traversa e, poggiando le mani sotto la testa sembrava volesse nutrirsi dell’atmosfera che le stava intorno per contemplare con gli occhi della mente.
All’improvviso scoppiò in una risata a squarciagola, catturando in tal modo, l’attenzione di tutti quelli che passeggiavano nel viale e sopratutto di chi, affannosamente, riparava proteggendo sotto l’ombrello, la fresca acconciatura all’ultima moda, quasi avesse il timore che qualche semplice goccia di acquerugiola rovinasse sì tanto lavoro, infruttuoso…
La signora Grete si mise le mani al collo, lo accarezzò dolcemente, prese la catenina di pelle che lo avvolgeva attorno, fece scivolare il medaglione applicato ad essa fra le sue dita ossute, lo aprì e pose sui suoi occhi il contenuto: petali bianchi di una vecchia rosa.
Tutto intorno si arrestò tingendosi di uno strano singolare colore.
Per pochi attimi a seguire straordinariamente i ricchi provarono l’ebbrezza entusiasmante dell’essere poveri, i vedenti conobbero la barriera del buio, gli schizzinosi e gli spreconi la privazione e la condizione di estrema miseria, i belli l’originalità dei brutti e viceversa, i simpatici l’ingegnosità reagente degli antipatici, i proprietari di casa l’intensità della luna…,
in breve, per una fugacissima frazione di tempo, per taluni un’interminabile eternità, le situazioni mutarono completamente, come una sorta di combinazione fenomenale.
“Come è nostro il sentire fisicamente la mancanza di ciò che è piacevole e trascurare il valore delle persone o cose dandole scioccamente per scontate”, disse fra sé e sé la signora Grete mentre alzatasi dalla panchetta si sottraeva alla vista dei passanti camminando briosamente nella nebbiarella.
A nessuna delle persone che di tanto in tanto incontravano la signora Grete capitò di rivederla per strada, di lei più notizia …
A me piace immaginare che si trovi felicemente ogni laddove un delicato petalo di rosa cadendo sul terreno protegge un tenerissimo indifeso filo d’erba dalla frescura mattutina.

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